giovedì 28 luglio 2011

Muore il 40esimo soldato in Afghanistan

Abbiamo raggiunto un altro numero tondo in questa triste conta. Ma qui non vorrei parlare del "Se la guerra è giusta o sbagliata" perchè dopotutto noi, intendo noi giovani generazioni, la guerra e la fame nemmeno sappiamo che significano. Per noi sono solo racconti dei nostri nonni e a volte queste storie ci sembrano anche avvincenti e avventurose.

Sembra di essere tornati indietro negli anni 60-70 dove nascevano e proliferavano guerre sottili che venivano "dimenticate" dopo alcuni anni dal loro inizio. La guerra del Vietnam è un ricordo. Guerre che ci ricordiamo solo quando al TG ci danno una notizia come quella di questi giorni.  La guerra del Vietnam ha prodotto molti caduti nel silenzio. Conflitto sottosuolo e discreto. E la guerra in Afghanistan si sta rivelando lo stesso.

La cosa piacevole è osservare la compostezza dei familiari al rientro della salma. Orgoglio per il caduto che fino a poco fa faceva un lavoro particolare e non da tutti. Pensavo che non deve essere semplice dire alla propria famiglia e agli amici: <<Parto, vado in Afghanistan a combattere>> non sapendo se si riuscirà mai a tornare. Tuttavia ci sono molti ragazzi e ragazze che intraprendono questa strada così difficile con le motivazioni più diverse. E dopotutto durante l'ultima nostra guerra interna altri hanno perso la vita per salvarci dai pasticci, per liberare un paese che non era il loro.

Ho visto con un fremito la madre di Roberto Marchini con il berretto da Parà del figlio in testa. Immagine di estrema sofferenza ma di estremo orgoglio per un figlio che ha speso la vita seguendo i propri ideali.
Certo... Questo rimane un mio personale parere.

1 commento:

  1. Ho rispetto per i morti e per il dolore delle madri, di tutte le madri. Anche quelle dei bambini afghani che non indossando un berretto da parà sono deceduti scambiando una mina antiuomo per un giocattolo.

    Penso agli operatori di infinite ONG che nel mondo operano contro la fame, le malattie, l'ignoranza, l'ingiustizia: a mani nude, con la sola forza della loro presenza e della loro voce.
    Penso a Vittorio Arrigoni, ammazzato a Gaza per aver difeso un popolo calpestato nei suoi diritti fondamentali.
    Penso a Francesco Azzarà, l'operatore di Emergency prelevato dieci giorni fa da un ospedale nel Darfur ad opera di uomini armati.
    Penso ai sette monaci di Tibhirine, presenza nonviolenta e pacifica nell'Algeria degli anni '90.
    Penso a loro e chissà a quanti altri potremmo pensare, da Gandhi a Luther King a Mandela... a Gesù di Nazaret. A tanti sconosciuti "operatori di pace". Sono tutti "caduti sul campo", come il nostro quarantesimo soldato, ma con il sigillo della profezia sul loro cuore. La profezia di Isaia che vede le spade forgiate in vomeri per arare e le lance in falci per tagliare il grano.

    Penso così, mentre guardo l'immagine che hai postato, di un giovane uomo che imbraccia un mitragliatore, ben retribuito per fare il lavoro che s'è scelto o che ha dovuto scegliere.
    E allora mi resta una tristezza profonda per l'ennesima morte di una guerra inutile, come lo sono del resto tutte le guerre. Mi resta il rispetto, il silenzio, non certo l'ammirazione. Tutto il resto, le bandiere, i berretti d'arma, gli altisonanti discorsi di generali e ministri in diretta tv sono pura retorica che serve a foraggiare la macchina della guerra che - non lo dimentichiamo - è sempre un grande business per pochi. Di questa insopportabile retorica sono ahimé invasi gli annali di storia di tutte le epoche.

    Ma anche tutto questo è un "mio personale parere".

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